Perché non si celebrano le principali feste cristiane negli stessi giorni? E un problema cui il dialogo ecumenico dovrà mettere mano.
Andrea Riccardi sul Corriere della Sera.
In questi giorni, la Chiesa vive la Settimana Santa, culminante nella Pasqua, il 27 marzo. La celebrano simultaneamente cattolici, anglicani ed evangelici. Invece per gli ortodossi, con altro computo del tempo, la Pasqua viene quest`anno il 1° maggio. C`è molta distanza nel 2016 tra i due calendari. Il che mostra come restino problemi aperti, nonostante il primo incontro tra papa Francesco e il patriarca di Mosca, Kirill. La non coincidenza della Pasqua è imbarazzante. Nei Paesi non cristiani, si chiede perché non si celebrino le feste principali negli stessi giorni. È un problema cui il dialogo ecumenico dovrà mettere mano. Non facile. In Oriente, i cambiamenti di calendario hanno talvolta creato dolorosi dibattiti e scismi.
Ormai, nella società occidentale, questi non sono più problemi rilevanti. Anzi la Settimana Santa ha scarso rilievo sociale. Si tratta però di liturgie molto ricche da un punto di vista simbolico e dall'origine antica: il Giovedì Santo commemora la lavanda dei piedi ai discepoli da parte di Gesù e la sua ultima cena con l`istituzione dell`Eucarestia; nel Venerdì Santo, mentre si ricorda la morte di Cristo, si adora la croce e si legge il Vangelo della passione; nella notte tra Sabato e Domenica, sí celebra la Pasqua, la resurrezione di Cristo, messaggio centrale per la fede cristiana («se Cristo non è resuscitato», scrive l`apostolo Paolo, «allora è vana la nostra predicazione ed è anche vana la nostra fede»). Nelle società di ieri, permeate dal cristianesimo, c`era un diffuso clima religioso durante questi giorni. Specie di Venerdì Santo, si tenevano molte manifestazioni di pietà popolare, con processioni, raffigurazioni della Via Crucis e della passione di Gesù. Erano momenti in cui si manifestava collettivamente la partecipazione al dolore del Messia ma anche, in qualche modo, si ricordavano le sofferenze di tutti e si pregava per la liberazione. In Spagna o in alcuni paesi latinoamericani, il Venerdì Santo dà ancora luogo a imponenti manifestazioni di popolo tra pietà religiosa e folklore. In questo tipo di cultura religiosa, il Venerdì Santo è forse più sentito della Pasqua.
In un mondo secolarizzato, il messaggio della Pasqua non ha rilievo pubblico, ma è vissuto all'interno delle comunità cristiane. Diverso è per il Natale, che ha chiare radici religiose, ma che - con il tempo - ha assunto il carattere sociale di festa della famiglia, dei bambini e del dono. Tuttavia le comunità cristiane vivono ancora intensamente la Settimana Santa: lo si può constatare in questi giorni visitando le chiese. Straordinariamente aperte la sera del Giovedì Santo per i "sepolcri", sono frequentate da molti (tanto che ci si chiede perché le chiese siano normalmente chiuse nel tardo pomeriggio e di sera, seguendo orari più da campagna che da città).
I cristiani di oggi vivono forse con più forza la centralità del Vangelo della morte e della resurrezione di Gesù, cuore della Settimana Santa. Ha scritto in proposito, il teologo ortodosso francese, Olivier Clément: «Niente più del mistero pasquale (e dunque l`attesa e l`anticipazione del ritorno di Cristo) è creatore di storia buona... che abbraccia il mondo». In questi anni, il pathos del "mistero pasquale" emerge con tanta evidenza tra quei cristiani - purtroppo numerosi - che si trovano a essere perseguitati o emarginati. È speranza che sia "creatore di storia buona". Del resto, se c`è un messaggio pasquale sentito in modo largo, è quello della vittoria della vita sulla morte, della pace sulla guerra e la violenza, insomma una speranza di "storia buona".